“Consigli per gli acquisti”: da quando sono nati i mass media c’è sempre stato qualcuno che ci ha detto cosa comprare, sotto forma di “consiglio” più o meno velato. Quella che sta prendendo piede ora, però, è la tendenza a dire cosa non comprare o quali sono le alternative più economiche in commercio. Questa vuole essere la risposta alle celebrity che promuovono prodotti di lusso, che i giovani, in particolare, sanno di non potersi permettere.
“Non tutti i prodotti sono per tutti i consumatori”: il messaggio di chi fa deinfluencing
È la Gen Z il principale destinatario del messaggio. Questo è un gruppo demografico composto da persone che vogliono sentirsi rappresentate da figure di cui si fidano, con cui possono relazionarsi apertamente e che possono ascoltare con fiducia quando si tratta di promozioni di prodotti. In questo contesto generazionale, i creators che dicono al proprio pubblico online cosa evitare di comprare o raccomandano alternative economiche a prodotti costosi (e spesso di scarsa qualità), stanno considerevolmente aumentando.
Come nasce il deinfluencing?
Il fenomeno potrebbe essere letto come una risposta al trend #TikTokMadeMeBuyIt, che incoraggia ad acquistare d’impulso i prodotti mostrati nei video virali dei creator. Analizzando in profondità il fenomeno, però, possiamo rintracciare ulteriori cause scatenanti.
La recessione e le difficoltà economiche del momento sono sicuramente elementi che hanno la loro incidenza nel dilagare del fenomeno, ma dietro di esso rileviamo anche la volontà di smascherare la scarsa qualità di prodotti che diventano virali e una crescente attenzione verso i temi della sostenibilità, che impongono un consumo più responsabile. Anche in questo caso è la Generazione Z a dettare le regole: i consumatori più giovani tentano di liberarsi dall’eccesso in favore di acquisti più consapevoli.
Deinfluencing e credibilità degli Influencer
Il deinfluencing sta, quindi, riscrivendo il copione delle tradizionali sponsorizzazioni sui social media e del marketing digitale in generale.
Per gli influencer questo è un nuovo modo per costruire la propria credibilità: agli occhi dei propri follower devono apparire onesti e autentici. In un universo online saturo di partnership retribuite, il pubblico è affamato di autenticità.
Questo trend durerà e coinvolgerà altri settori, come il turismo e il food, oppure calerà appena l’economia globale sarà in ripresa? Solo il tempo ci potrà dare una risposta. Ciò che è evidente è che questo trend ha avviato una riflessione tanto urgente quanto necessaria su come e quanto acquistiamo.
Il deinfluencing è un pericolo per la beauty industry, che lavora a stretto contatto con gli influencer?
Le aziende che perseguono l’eccellenza non hanno nulla da temere, ma è necessario fare affidamento a strategie di Influencer Marketing etiche, non costruite su false approvazioni di influencer. Piuttosto, il deinfluencing dovrebbe far riflettere le aziende del settore beauty sui temi correlati al fenomeno: sulle questioni ambientali e sulla necessità di proporre prodotti di bellezza davvero sostenibili.
Questa non è la fine dell’influencer marketing. De-influenzare è anch’esso influenzare. Si tratta sempre di consigliare e vendere. Quello che possiamo aspettarci, tuttavia, è che gli influencer abbiano posizioni più autentiche, nel tentativo di assicurarsi la fiducia dei follower. Questo, ovviamente, è fatto tanto per proteggere le proprie entrate quanto per mostrare la propria eticità.
Vale ancora la pena investire in Influencer Marketing?
La risposta è Sì, ma a condizioni precise. La credibilità di un brand passa anche attraverso la persona che viene scelta ed arruolata come Influencer. Scegliere le giuste persone che dovranno “rappresentare” l’azienda e promuovere i prodotti è fondamentale: è il primo passo per avvicinarsi alle persone ed interagire con esse. Le tendenze sui social media sono volubili, si sa, l’entusiasmo verso il deinfluencing potrebbe svanire.
Questo comunque è un buon momento per rivalutare le strategie di Influencer Marketing, assicurarsi di collaborare con i creators giusti, affini al proprio brand per i valori sostenuti e non solo per il proprio ambito d’influenza.